Crisi di salinità del Messiniano: nuovi indizi sulle variazioni dei livelli del Mediterraneo
Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature Communications, guidato da Giovanni Aloisi del Centre National de la Recherche Scientifique - CNRS e dell’Institut de physique du globe de Paris, e condotto da un gruppo di ricerca internazionale di cui fa parte Angelo Camerlenghi dell’OGS, è riuscito a dimostrare che lo spesso strato di sale presente sotto il fondale del Mediterraneo, formatosi nel corso della Crisi di Salinità Messiniana, prese forma in due momenti distinti. Il team è giunto a queste conclusioni analizzando per la prima volta la composizione degli isotopi stabili del cloro nel salgemma (cloruro di sodio), per poi ricostruire attraverso modelli la sua precipitazione volumetrica nel corso del tempo.
Per Crisi di Salinità Messiniana si intende quel fenomeno geologico avvenuto tra 5,97 e 5,33 milioni di anni fa, caratterizzato da una drastica riduzione dell’afflusso d’acqua proveniente dall’Oceano Atlantico e dalla conseguente transizione del Mediterraneo inizialmente da mare a bacino ipersalino, e quindi a lago con acqua dolce o salmastra. Le modalità dell’accumulo di oltre 1 milione di chilometri cubi di rocce evaporitiche (carbonati, gesso e salgemma) in questa fase sono diventate una controversia scientifica tra le più longeve nelle Scienze della Terra. L’eccesso di evaporazione rispetto all’ingresso di acqua marina dall’Oceano Atlantico che ha causato la deposizione del sale secondo alcuni può aver comportato un abbassamento del livello del mare superiore al chilometro; secondo altri l’intera massa d’acqua del Mediterraneo si è trasformata in una salamoia non accompagnata da un’apprezzabile diminuzione del livello del mare.
I risultati dello studio permettono di comprendere meglio l’evoluzione biologica, geologica e climatica del Mediterraneo. Nel Mediterraneo occidentale, infatti, la diminuzione del livello del mare fece emergere un ponte continentale tra Africa ed Europa, situato nell’area compresa tra l’attuale Penisola Iberica meridionale e le Isole Baleari. Questo collegamento permise uno scambio tra forme di vita che influenzò la successiva composizione della fauna vertebrata dell’arcipelago balearico. La riduzione del carico della massa d’acqua sulla litosfera avrebbe generato risalite magmatiche diffuse in tutta l’area del Mediterraneo.