Il DNA della Laguna racconta la sua biodiversità
La biodiversità della fauna ittica della Laguna di Marano e Grado, una delle zone umide costiere più importanti del Mediterraneo, è stata studiata per la prima volta attraverso l’analisi del DNA ambientale, il materiale genetico che gli organismi rilasciano nell’ambiente in cui vivono e si muovono. Lo studio è stato condotto nell’ambito del progetto Interreg Italia – Croazia ARGOS (ShARed GOvernance of Sustainable fisheries and aquaculture activities as leverage to protect marine resources in the Adriatic Sea) su incarico dato ad OGS dalla Direzione Centrale Risorse Agroalimentari, Forestali e Ittiche (Servizio Caccia e Risorse Ittiche) della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e ha avuto anche il supporto dell’NBFC (National Biodiversity Future Center)-PNRR.
L’analisi molecolare è un metodo efficace e non invasivo che si è dimostrato valido quanto i metodi di campionamento più tradizionali. “Abbiamo combinato una tecnica di analisi genetica chiamata metabarcoding del DNA ambientale (eDNA), che consente di identificare le specie presenti in un ambiente senza bisogno di catturarle bensì analizzando un campione d’acqua, e un metodo di campionamento più tradizionale, ovvero la pesca con rete, per avere dati sulla biodiversità e per confrontare le due metodologie” commenta Elisa Banchi, ricercatrice della Sezione di Oceanografia dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS, autrice dello studio condotto insieme a colleghe e colleghi di ARPA FVG e Stazione Zoologica Anton Dohrn e recentemente pubblicato sulla rivista Estuarine, Coastal and Shelf Science.
“Questo studio rappresenta un significativo passo avanti nella comprensione della biodiversità e delle dinamiche ecologiche della Laguna di Marano e Grado. I risultati ottenuti con approccio molecolare, combinati con quelli dei monitoraggi svolti con metodologie tradizionali, hanno fornito importanti informazioni per l’implementazione delle future strategie di conservazione e di gestione della laguna. Si tratta di uno studio pilota che sicuramente potrà essere ampliato nel prossimo futuro” aggiunge Valentina Tirelli, ricercatrice della sezione di Oceanografia dell’OGS, coordinatrice dello studio.
“L'implementazione della genetica alle attività di monitoraggio tradizionale contribuisce a valorizzare la biodiversità locale e individuare la presenza di specie non autoctone anche se rare. Questo studio è un ottimo esempio di integrazione di competenze complementari per fornire informazioni utili per una gestione sostenibile delle risorse legate alla pesca” commenta Sergio Stefanni, ricercatore della Stazione Zoologica Anton Dohrn e coautore dello studio.
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Lo studio è stato condotto grazie al supporto del progetto ARGOS - ShARed GOvernance of Sustainable fisheries and aquaculture activities as leverage to protect marine resources in the Adriatic Sea, finanziato dal programma Interreg V-A Italia-Croazia CBC Programma, 2014–2020 e del National Biodiversity Future Center - NBFC finanziato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) Missione 4 “Istruzione e ricerca”, componente 2 “Dalla ricerca all’impresa”, Investimento 1.4 "Potenziamento strutture di ricerca e creazione di "campioni nazionali di R&S" su alcune Key Enabling Technologies" (Centri Nazionali).
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